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Beppe Longinotti

Diplomato ISEF (Insegnante di Educazione Fisica) conseguito presso l’Istituto di Educazione Fisica di Firenze il 20/03/1993.
Brevetto di assistente bagnante, brevetto di istruttore e  brevetto allenatore di nuoto secondo livello, rilasciato dalla Federazione Italiana Nuoto.
Collaboratore della nazionale giovanile:
Campionati mondiali juniores di Monterrey
Campionati Europei juniores di Praga
Coppa COMEN a Cipro
Collaboratore della Nazionale assoluta al collegiale invernale a Fort Lauderdale e Saint Vincent

Dal 1986 al 1992, Allenatore della squadra giovanile e vice allenatore della squadra assoluta presso la società Nuotatori Milanesi.
Obiettivi raggiunti: record regionale 4 x 50 SL Es. A e diversi podi regionali.

Dal 1992 al 2010, Allenatore responsabile della squadra agonistica.
Obiettivi raggiunti dalla squadra agonistica: Vari titoli nazionali, 5 atleti convocati in Nazionale giovanile, record italiani di staffetta ed individuali giovanili.

Esperienze sportive giovanili.
Nuotatore agonista: dal 1975 al 1980 presso la Società Sportiva SNAM; dal 1980 al 1985 presso la Società Nuotatori Milanesi; nell’anno 1985/1986 atleta agonista presso il gruppo sportivo delle Fiamme Oro della Polizia di Stato.

Obiettivi raggiunti: Nel 1982 secondo classificato ai Campionati Italiani giovanili nelle staffette 4 x100 SL e 4 x 200 SL; Campione Regionale nei 200 Farfalla.

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Paola Crippa, intervista in apnea

PaolaCrippaPRIMO TUFFO IN PISCINA, A QUANTI ANNI?
Mi ricordo che fino all’età di sei anni avevo una grandissima paura dell’acqua! Pensate che in mare entravo solo in braccio a mio fratello o ai miei genitori, e con l’acqua all’altezza della pancia non oltre! Mi ricordo che dall’estate del 1996 i miei genitori decisero che appena tornati a Milano avrei iniziato un corso di nuoto per sciogliere tutte le mie paure, e così è stato!

A CHE ETA’ HAI INIZIATO A NUOTARE A LIVELLO AGONISTICO?
Ho iniziato a nuotare a livello agonistico qualche anno più tardi, verso i 9 anni.

QUANDO HAI CAPITO CHE IL NUOTO ERA IL TUO SPORT?
L’ho capito subito che il nuoto era il mio sport. Mi ricordo che prima di iniziare agonismo avevo provato a fare ginnastica artistica, calcio, aikido, ma nessuno mi aveva mai appassionata tanto come il nuoto.

C’E’ CHI PENSA CHE IL NUOTO, PIU’ DI ALTRI SPORT, CREI “DIPENDENZA”…L’ODORE DEL CLORO, LA SENSAZIONE DI LIBERTA’, LA STANCHEZZA EUFORICA DOPO LA FATICA’,  E’ COSI’ ANCHE PER TE?
Il cloro crea dipendenza…beh.. si e no! Mi ricordo ancora tutte le mattine a scuola quando ero intenta a seguire il professore che spiegava la lezione, mi appoggiavo sulla mano, come a reggere la testa, e percepivo sempre folate di cloro! Da una parte era piacevole ma dall’altra, soprattutto quando mi allenavo tanto, l’odore del cloro era una vera tortura! È vero però che questo sport crea dipendenza, o per lo meno, così è stato con me. Mi ricordo che non c’era giorno senza gli allenamenti, non li volevo mai saltare! La mia vita era così organizzata: scuola – nuoto – casa, e non poteva essere altrimenti! Per quanto riguarda la stanchezza euforica, sì, ammettiamolo, mi ha accompagnata per moltissimi anni! Era come un senso di vittoria. Non so come spiegare, ma ogni volta che arrivavo a casa stanca morta dopo un lavoro molto faticoso mi sentivo bene, come se avessi raggiunto un traguardo immaginario. Però non nego che spesso ho odiato quella stanchezza, soprattutto quando arrivavo a casa tardi e dovevo ancora mettermi sui libri per ripassare qualche lezione. Ecco.. lì non era proprio bello sentirsi stanchi. In ogni caso io non avrei mai voluto saltare un allenamento.

RISPETTO AD ALTRI PAESI IN ITALIA SCUOLA E SPORT SONO DUE MONDI CHE NON SI PARLANO. PENSI CHE L’IMPEGNO SPORTIVO POSSA ESSERE UN AIUTO AD AFFRONTARE LO STUDIO O E’ SOLO UN OSTACOLO?
Purtroppo scuola e sport in Italia non vanno molto d’accordo, anzi a volte proprio per niente. Mi ricordo che spesso per me l’attività agonistica è stata un vero ostacolo. Soprattutto quando andavo a liceo, ogni anno organizzavano una gita di una settimana che puntualmente cadeva nei giorni in cui si svolgevano i campionati italiani inverali. Mi allenavo tutto l’anno per quello e cosa potevo fare se non saltare sempre la gita? Senza rimorsi, sia chiaro, ero ferma e decisa sullo scegliere i campionati italiani e non la gita, ma i miei professori (alcuni) spesso non la pensavano così, ma anzi me la facevano un po’ pesare… nonostante questo però posso dire che lo sport, l’allenarmi a ritmi frenetici tutti i giorni, mi ha aiutata moltissimo nell’organizzazione dello studio. Sapevo di avere poco tempo, e quel poco tempo lo sfruttavo al meglio. Sicuramente se non avessi avuto i minuti contati mi sarei persa via e avrei studiato la metà!

LA CARRIERA DI UN NUOTATORE PUO’ INIZIARE MOLTO PRESTO. CRESCENDO LA VITA CAMBIA E CAMBIANO LE PRIORITA’. C’E’ STATO UN MOMENTO IN CUI HAI PENSATO DI MOLLARE TUTTO? COME LO HAI AFFRONTATO E CHI TI HA AIUTATO?Sì, indubbiamente ci sono stati momenti grigi nella mia carriera agonistica, momenti in cui ero stanca di tutto e tutti. Sono certa che questi momenti sono normali allenandosi tanto, fanno parte degli ostacoli da superare! Se fosse tutto troppo semplice non ci piacerebbe, non siete d’accordo? Le persone che però mi sono state sempre accanto in ogni momento, sono stati i miei genitori e mio fratello. Sono loro che mi aiutavano a ritrovare la forza di andare avanti, senza mai obbligarmi, ma aiutandomi a credere in quello che facevo e a non mollare mai. Per questo li ringrazio ancora oggi!

IL NUOTO E’ UNO SPORT INDIVIDUALE, E’ UNA SFIDA CONTRO I PROPRI LIMITI EPPURE QUANDO SEI SUL BLOCCO DI PARTENZA GLI AVVERSARI SONO TANTI: IL CRONOMETRO, TUTTI GLI ATLETI IN BATTERIA, LE PERSONE CHE TIFANO PER TE, IL TUO ALLENATORE CHE CI CREDE PIU’ DEGLI ALTRI. A CHE COSA PENSI TRENTA SECONDI PRIMA DELLA PARTENZA?
Beh ormai sono quattro anni che non salgo più su un blocco di partenza! Mi ricordo però che ero una perfetta “cagasotto” (scusate il termine ma rende l’idea)! Ero una delle classiche atlete che pensavano troppo… partenza, virata, arrivo, quella di fianco… insomma tutte queste cose. Non mi ricordo di un pensiero preciso nei 30 secondi prima di una gara… forse perché i pensieri erano davvero troppi! Questo atteggiamento lo sconsiglio vivamente a tutti i miei atleti ora con il senno del poi. Non bisognerebbe pensare a niente prima della gara, la mente deve restare il più possibile libera da pensieri e preoccupazioni per potersi concentrare al meglio sulla gara stessa!

PER ALCUNI, AD UN CERTO PUNTO, LO SPORT NON E’ PIU’ SOLO UNA PASSIONE MA DIVENTA UNA PROFESSIONE, PENSI CHE I SACRIFICI DI UNO SPORTIVO SIANO SUPERIORI A QUELLI DI QUALSIASI ALTRO PROFESSIONISTA? E LE SODDISFAZIONI? Purtroppo per me il nuoto non è diventato un lavoro, o meglio, non come atleta! Quindi per questa risposta, lascio la parola ai miei vecchi compagni di squadra che l’hanno trasformato in una vera e propria professione.

RACCONTA: LA GARA CHE NON DIMENTICHERAI MAI
La gara che non dimenticherò mai. Non penso ce ne sia una in particolare, credo che tutte, anche solo per un piccolo particolare vadano ricordate!

LA GARA CHE PROPRIO NON VUOI RICORDARE
La gara che non voglio ricordare. Anche qui, come per la domanda precedente, non me ne viene in mente nessuna in particolare. Spesso ci sono state gare che non sono andate bene, ma questo non vuol dire che io le voglia dimenticare, anzi sono servite di lezione, per imparare e capire meglio tutti gli errori.

NELLA STESSA BATTERIA CON IL TUO MITO Stessa batteria con Natalie Coughlin.

DAI UN CONSIGLIO AI TUOI COLLEGHI PIU’ GIOVANI  Un consiglio ai miei atleti: di mettercela sempre tutta, fissandosi sempre degli obiettivi validi, per poi cercare di andare a catturarli e ottenere le più belle soddisfazioni! Ne vale la pena ve lo assicuro!

L’ALLENAMENTO PRIMA DELLA “GARA DELLA VITA”
Gli allenamenti prima delle gare importanti solitamente erano divertenti, insomma si scaricava parecchio la tensione pre-gara! Però mi ricordo un aneddoto che mi fa ancora sorridere. Nuotavo con la società Rane Rosse allenata da Lele Merisi, eravamo prima dei campionati italiani estivi di Roma. Mancavano pochi giorni e ormai eravamo rimasti in pochi ad allenarci a Mecenate. Fatto sta che quel giorno non “andavo” (spero capiate questi termini tecnici degli atleti!), io ce la mettevo proprio tutta ma.. niente, non andavo avanti nemmeno a spingermi! A un certo punto l’allenatore mica mi manda a casa? Premessa: Lele non aveva mai mandato a casa nessuno. Crisi, a pochi giorni dagli italiani mandata a casa da un allenatore super buono. Se ora ci penso mi viene da ridere, mi immagino ancora la mia faccia e soprattutto quella dei miei compagni! Che ridere… diciamo che le combinavo un po’ anch’io!

UN’ULTIMA DOMANDA: L’ALLENATORE E LA SQUADRA. SENZA DI LORO PROBABILMENTE SARESTI UN ATLETA E UNA PERSONA DIVERSA. PUOI RACCONTARE UN ANEDDOTO PER FARE CAPIRE QUANTO VALORE HANNO O HANNO AVUTO NELLA TUA VITA?
Non esiste nuoto senza allenatore e senza compagni. Sono fondamentali. La cosa più bella è trovare la giusta complicità con l’allenatore, quell’intesa perfetta, e un gruppo di compagni che ti sostiene e ti fa divertire sempre! Un aneddoto in particolare non me lo ricordo, ma posso raccontarvi di quanto mi divertivo con i miei compagni di squadra durante i collegiali con le Rane Rosse! Come quella volta a Ginevra. Dormivamo in caserma in camerate da 10 persone! Non vi dico le nostre condizioni il giorno dopo sul piano vasca alle gare!!! Ce ne sarebbero troppi di aneddoti da raccontare… come anche a Riccione all’ultimo collegiale che ho fatto con il Malaspina. Avevamo il coprifuoco alle 23.00, se non mi sbaglio, e puntualmente alle 22:50 eravamo dall’altra parte del paese! E allora tornavamo correndo (in pieno luglio in centro, quindi immaginatevi quanta gente)  per non rischiare la sgridata dell’allenatore e soprattutto i piegamenti di punizione!!!

Riccardo Berghella, intervista in apnea

20060923-BERGHELLAErri De Luca ha scritto: “ I GESTI DEL NUOTO SONO I PIU’ SIMILI AL VOLO. IL MARE DA’ ALLE BRACCIA QUELLO CHE L’ARIA OFFRE ALLE ALI, IL NUOTATORE GALLEGGIA SUGLI ABISSI DEL FONDO”

PRIMO TUFFO IN PISCINA, A QUANTI ANNI?
2 anni e mezzo

A CHE ETA’ HAI INIZIATO A NUOTARE A LIVELLO AGONISTICO?
Quando avevo 5 anni

QUANDO HAI CAPITO CHE IL NUOTO ERA IL TUO SPORT?
Ovviamente quando inizi a nuotare in tenera età non hai una reale cognizione del fatto che fai un determinato sport perché sei portato. Se i risultati positivi arrivano, in un certo senso vai avanti per inerzia e non ti poni nemmeno questa domanda. Ma in effetti, a ben guardare, tutto sommato credo che un individuo possa ritenersi portato allo sport che pratica nel momento in cui inizia ad ottenere ottimi risultati per rapporto ad altri atleti di pari età e/o categoria.

C’E’ CHI PENSA CHE IL NUOTO, PIU’ DI ALTRI SPORT, CREI “DIPENDENZA”…L’ODORE DEL CLORO, LA SENSAZIONE DI LIBERTA’, LA STANCHEZZA EUFORICA DOPO LA FATICA’, E’ COSI’ ANCHE PER TE?
No, in realtà penso che questa “dipendenza” sia un po’ un mito da sfatare..

RISPETTO AD ALTRI PAESI IN ITALIA SCUOLA E SPORT SONO DUE MONDI CHE NON SI PARLANO. PENSI CHE L’IMPEGNO SPORTIVO POSSA ESSERE UN AIUTO AD AFFRONTARE LO STUDIO O E’ SOLO UN OSTACOLO?
L’impegno sportivo può essere un ostacolo allo studio, in termini di capacità di gestione oculata ed efficiente del (poco) tempo a disposizione, ma rappresenta senza dubbio un aiuto ed una risorsa importante per imparare ad affrontare la vita di ogni giorno.

LA CARRIERA DI UN NUOTATORE PUO’ INIZIARE MOLTO PRESTO. CRESCENDO LA VITA CAMBIA E CAMBIANO LE PRIORITA’. C’E’ STATO UN MOMENTO IN CUI HAI PENSATO DI MOLLARE TUTTO? COME LO HAI AFFRONTATO E CHI TI HA AIUTATO?
La vita è fatta di scelte, non è una novità. Quando ho iniziato l’università, ho deciso da solo che avrei dedicato meno tempo all’attività sportiva agonistica perché puntavo, in quel momento, ad altri obiettivi che non erano conciliabili con lo sport praticato a determinati livelli. Io credo che molto dipenda da come ti vuoi vedere nel futuro quindi, ancora una volta, dagli obiettivi che hai.

IL NUOTO E’ UNO SPORT INDIVIDUALE, E’ UNA SFIDA CONTRO I PROPRI LIMITI EPPURE QUANDO SEI SUL BLOCCO DI PARTENZA GLI AVVERSARI SONO TANTI: IL CRONOMETRO, TUTTI GLI ATLETI IN BATTERIA, LE PERSONE CHE TIFANO PER TE, IL TUO ALLENATORE CHE CI CREDE PIU’ DEGLI ALTRI. A COSA PENSI TRENTA SECONDI PRIMA DELLA PARTENZA?
La cosa più difficile è ripulire la mente da tutte le distrazioni esterne, ma se ci riesci, è certo che darai il tuo 100% perché sarai solo te, un tutt’uno con l’acqua.

PER ALCUNI, AD UN CERTO PUNTO, LO SPORT NON E’ PIU’ SOLO UNA PASSIONE MA DIVENTA UNA PROFESSIONE, PENSI CHE I SACRIFICI DI UNO SPORTIVO SIANO SUPERIORI A QUELLI DI QUALSIASI ALTRO PROFESSIONISTA? E LE SODDISFAZIONI?
Penso che ci siano più sacrifici in una professione sportiva, ma non temete, perché tanto è una professione che non dura fino alla pensioneJ..e comunque se hai la passione per quello che fai, non lo consideri mai davvero un lavoro!

RACCONTA: LA GARA CHE NON DIMENTICHERARI MAI
Quando sono arrivato terzo ai campionati italiani giovanili invernali nei 50 DF, è stato un risultato del tutto inaspettato.

LA GARA CHE PROPRIO NON VUOI RICORDARE
Mi spiace, ma quelle che non voglio ricordare le ho già rimosse dalla mente molto tempo fa!

QUELLA VOLTA CHE STAVI CENTRANDO IL TUO OBIETTIVO E INVECE…
Ero a Genova, nella finale degli assoluti, erano i 200 delfino. Quel giorno stetti molto attento alla preparazione della gara e la tensione era alle stelle perché ero a pochi centesimi dalla medaglia d’oro..Quell’anno in squadra andavano di moda le scommesse e se non fossi arrivato almeno sul podio, avrei dovuto indossare un costume ridicolo per 1 mese in allenamento! Forse facevamo queste cose per spronarci, sta di fatto che non potevo perdere assolutamente.. la posta in gioco era troppo alta! Quando mi avviai verso blocco di partenza iniziai a sentire dei dolori lancinanti allo stomaco, quasi non riuscivo a salire sul blocco dal dolore. Cercai di mantenere la calma, mi feci forza e cercai di non pensare al dolore. Scattò il via e diedi tutto me stesso, stavo andando forte, ma anche gli avversari non erano da meno!. Ai 150 metri il dolore diventò insopportabile, ma non potevo fermarmi, ero comunque in seconda posizione e mancava davvero poco per l’oro …iniziai ad urlare, le mie braccia iniziarono ad andare più veloce, poi ancora più veloce finche non iniziarono a frizionarsi col corpo. Ero in prima posizione quando, ad un secondo dal traguardo mi chiesi: “Riccardo, non che stai dormendo nel tuo letto e ti stai sognando tutto?”. E così era. Non ero mai stato alla finale assoluti dei 200 delfino!

LA VITTORIA PIU’ SOFFERTA
Credo sia stata una medaglia d’oro ai Regionali nei 200 Do, quando per 8 vasche ho continuato a vedere con la coda dell’occhio le bracciate dell’avversario alla mia stessa altezza.

L’ALLENAMENTO PRIMA DELLA “GARA DELLA VITA”.
Non ho mai mancato a un allenamento prima di una gara, un momento di scarico e perfetti per fare mente locale, mi ripetevo: “quel che è fatto è fatto!”…erano gli allenamenti che preferivo.

NELLA STESSA BATTERIA CON IL TUO MITO
Mai successo.

DAI UN CONSIGLIO AI TUOI COLLEGHI PIU’ GIOVANI
Cercate sempre di vivere le gare come un momento di divertimento, mai di ansia.

UN ULTIMA DOMANDA: L’ALLENATORE E LA SQUADRA. SENZA DI LORO PROBABILMENTE SARESTI UN ATLETA E UNA PERSONA DIVERSA, PUOI RACCONTARE UN ANEDDOTO PER FAR CAPIRE QUANTO VALORE HANNO O HANNO AVUTO NELLA TUA VITA?
Certo, quando ero piccolo, un compagno di squadra più grande chiamato S. Z. mi ha salvato la vita prendendo il mio posto durante una gara e risparmiandomi così 1.500 m di agonia. Un gesto di vera amicizia e compassione, anche se non sono sicuro che lui la pensi così. J

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Anna Foresio, da nuotatrice del Malaspina ad architetta di talento

 

Ha guidato undici colleghi alla conquista della competizione 72 Hour urban action, svoltasi a Witten in Germania, che consiste nel ridisegnare, con un budget limitato e materiali poveri, alcuni spazi urbani nell’arco di tre giorni.

“ and the winner is…Herdecke SawHorses!” Quando hanno pronunciato quelle parole quasi non ci credevo. Il team vincitore della competizione era proprio il mio. ‘Ma come è possibile’, ho pensato.

Mi presento: sono Anna , faccio l’architetto, e sono stata una nuotatrice del Malaspina, un po’ di anni fa.
Non avevo mai vinto niente al di fuori di una gara di nuoto, ma l’esperienza che ho portato a termine a Witten, in Germania la scorsa estate è stata come un tuffo nel passato, in quello che si provava dopo tanta fatica a toccare per primi.
Si trattava del Campionato del Mondo di  trasformazione e gioco urbano, e consisteva nel creare in soli 3 giorni un’installazione temporanea in un luogo della città che portasse i cittadini ad interagire con esso, a provare un’esperienza nuova in un luogo che magari percorrevano tutti i giorni.

Ma facciamo un passo indietro…perché ho partecipato a quella competizione?
Bè, un po’ perché ce l’ho nel sangue, e un po’ per curiosità di sperimentare un nuovo tema costruttivo, e soprattutto creativo. So di essere un’atleta, anche dopo anni di stop dalle competizioni. Questa sensazione mi accompagna sempre, quando devo raggiungere un risultato.

Qui è stato davvero importante il gioco di squadra, cosa che magari in una gara in piscina viene meno, in quanto il più delle volte ti ritrovi a dover sfidare te stesso e il cronometro.
Ciò che ho provato durante gli anni di agonismo, quella voglia di riuscire, di sfidare i propri limiti, ma anche di accettare una sconfitta, lo ritrovo molte volte anche oggi, nel mio lavoro, anche se gli obbiettivi son diversi.

Fare l’architetto vuol dire affrontare ogni giorno una sfida, progettare e creare di qualcosa che prima non c’era. Deve esserci correttezza, lealtà, rispetto delle regole, proprio come nello sport.
Quante volte avrete sentito che lo sport insegna a vivere…bene, è proprio così.
L’organizzazione mentale di chi ha fatto uno sport ad alto livello, chi si è sacrificato per ore per ottenere un risultato, chi ha gioito per aver raggiunto un obbiettivo, sono tutte cose che ti porti dentro, e che sono assolutamente importanti nella vita di tutti i giorni e lavorativa.

Sono andata avanti, ma se mi guardo indietro ricordo perfettamente tutto quello che ho vissuto in quegli anni, quando la mia pelle sapeva di cloro, e tutti mi chiedevano cosa fosse quel segno rosso sul naso!
Certo, le gioie sono diverse… prima avevo una medaglia al collo, adesso ho la soddisfazione di vedere un cliente felice e un’opera realizzata. O di vincere il Campionato del Mondo di trasformazione Urbana!

Anna Foresio*

* 34 anni, architetto milanese, come atleta Malaspina nel 2003 è stata 1° Cl. ai Campionati Italiani Universitari nei 200 Farfalla. Contitolare dello Studio Okapì che l’estate scorsa ha vinto questa importante competizione insieme con altri undici colleghi, urbanisti e game designer e per questo citata come giovane talento dalla rivista IO DONNA.

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Cena di fine anno 2014 del Nuotomalspina

Domenica 21 dicembre si è svolta la tradizionale cena di fine anno del Nuotomalaspina, con le premiazioni degli atleti e gli auguri natalizi, sotto l’auspicio dello staff tecnico al completo e del direttivo del Nuotomalaspina.
Presentatore della serata Beppe Longinotti, team manager del Nuotomalaspina, che come tradizione ha introdotto e presentato tutti i giovani agonisti. L’annuncio importante della serata è stato: la conferma del rientro di Fabio Gimondi nella squadra del Malaspina. La notizia circolava ormai da tempo ma la conferma ufficiale del buon Beppe, ha riempito di gioia gli  amici e gli atleti del Malaspina presenti alla serata.
Il rientro di Fabio Gimondi significa per tutti i ragazzi, come pure per i più giovani esordienti,  poter contare su un grande esempio e su un modello da imitare. Da questo rientro in squadra nascerà un’interessante rubrica USA-ITALIA con aggiornamenti e notizie dal mondo agonistico statunitense oltre che consigli tecnici e psicologici sempre preziosi.

Beppe presenta Fabio Gimondi

Beppe presenta Fabio Gimondi

Già al primo appuntamento per la Coppa Brema del 23 dicembre, la presenza di Fabio Gimondi è stata  importante per la vittoria della batteria nella staffetta 4×100 mista, in cui Edoardo Valsecchi (dorso), Lorenzo Tosini (rana) e Davide Ferlito (delfino) hanno dato il loro meglio. (vedi qui la fantastica gara) primi con 3:58:99!
La tradizionale Coppa del Presidente è stata condivisa quest’anno da Kerim Alessandro Savini  e da Edoardo Valsecchi . Il nuovo presidente, Francesca Omati Spolidoro, ha voluto premiare “La Fiducia” che questi atleti hanno riposto nei loro  allenatori, sottolineando che la reciproca fiducia ha permesso ai due atleti di ottenere brillanti risultati.

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Franco Nava, preparatore atletico, presenta i due premiati Kerim e Edoardo

Un riconoscimento speciale è andato a  Vittoria Demaria, Kerim Alessandro Savini e Christian Besia, che hanno conseguito i risultati migliori nel corso dell’anno, dando lustro al prestigioso nome del Nuotomalaspina. Sono stati anche premiati: Riccardo Camuso, Davide Ferrari, Lucrezia Chiodini, Alessia Colombini, Valeria Tosini, Lorenzo Tosini, Thomas Papalettera, Davide Ferlito, Edoardo Valsecchi e Lorenzo Garofoli, finalisti ai Campionati Regionali nell’anno agonistico appena trascorso. Sono anche stati presentati i nuovi giovani atleti e per tutti c’è stata una parola di stimolo e sostegno da parte dei formidabili allenatori Paola Crippa e Luca Bianchinche insieme al preparatore atletico Franco Nava, costituiscono il nostro prezioso staff tecnico. L’evento, organizzato dal direttivo e dalle molte mamme e dai papà che sostengono il giovane gruppo di atleti, è stato molto partecipato ed apprezzato da tutti. La cena si è tenuta al ristorante “I Fontanili” del Country Hotel Borromeo, in una accogliente cornice organizzata da Franca, amica del Nuotomalaspina.

Luca Bianchin e Paola Crippa

Luca Bianchin e Paola Crippa

Qui puoi vedere tutte le foto dell’evento e tutti gli atleti premiati durante la serata 

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Dai campi gara: Legnano e Senigallia

TROFEO INTERNAZIONALE SPRINT CITTA’ DI LEGNANO – di Christian Besia
Il 23 di novembre si è tenuto il XVIII Trofeo Internazionale Sprint – Città di Legnano al quale ero iscritto alle gare dei 50 e 100 rana. Alla mattina ci siamo ritrovati nel bello e funzionalissimo impianto comunale,  tirato a lucido per le grandi occasioni e con blocchi di partenza di ultima generazione. Nella fase eliminatoria mattutina c’era molta confusione, musica alta, brusio dagli spalti ed allenatori che fischiavano, ma si sa che quando i concorrenti sono molti le condizioni per potersi concentrare sono difficili; malgrado tutto, però, sono riuscito ad esprimermi discretamente ed a qualificarmi per le finali pomeridiane come i miei compagni Kerim Savini e Davide Ferrari. Al ritorno in piscina, nel pomeriggio,  si respirava da subito un clima ti tensione maggiore anche per la presenza di grandi campioni componenti la nazionale italiana (Orsi, Rivolta, Santucci, Gemo, Castiglioni, etc.) e numerose rappresentative nazionali straniere tra i quali spiccavano il primatista mondiale ed argento olimpico dei 100 farfalla, il russo Evgenij Korotyškin ed il campione europeo dei 50, il gigante ucraino Andrey Govorov. E’ stata una giornata bella ed emozionante sia per aver assistito a delle gare di altissimo livello internazionale, sia per aver conquistato due medaglie di bronzo nella mia categoria. La premiazione è stata altrettanto emozionante poiché gli organizzatori hanno pensato ad una formula per cui gli atleti delle categorie giovanili  venivano premiati insieme ai grandi campioni e quindi, salire sul podio al fianco dei miei idoli mi ha lasciato un ricordo indelebile nella memoria. 2014_07_05_0531
SENIGALLIA NEL CUORE – di Riccardo Camuso
Durante il primo weekend del mese di dicembre si è svolta la finale del Campionato Italiano UISP per rappresentative regionali nella bellissima cornice di Senigallia ed io, per la prima volta, sono stato selezionato a comporre la squadra della Lombardia nelle specialità del dorso e staffette. Senigallia è un’esperienza unica, che capita una sola volta nella vita (anche se i miei allenatori si augurano che sia soltanto la prima di una lunga serie) e che mi ha emozionato come mai prima. La partenza, il viaggio con la squadra, il conoscere nuovi amici e tutto il contesto sono state le cose che mi hanno iniettato adrenalina per affrontare le gare con la giusta tensione,  anche se,  in camera di chiamata, ti sorgono mille insicurezze e pensi tra te e te: “Farò bene?”, “Sarò all’altezza dei miei avversari?”, “Mi squalificheranno?”. Arrivati ai blocchi di partenza, invece, tutto, come per magia, scompare e ti concentri soltanto sulla gara; io per fortuna, mi sono rasserenato da subito e  sono arrivato alla gara ed alla staffetta carico di energia perché rappresentare la mia regione contro il resto d’Italia è stato un ulteriore motivo d’orgoglio e siamo riusciti ad ottenere un ottimo risultato finale. Posso considerare queste gare tra le più belle ed emozionanti a cui abbia mai partecipato. IMG_0250

 

I record del XXXIV Trofeo Malaspina

2014_07_05_0749Nella splendida cornice dello Sporting Club Malaspina, sabato 5 Luglio si è svolto il XXXIV Trofeo Internazionale di Nuoto Malaspina patrocinato dall’Assessore allo Sport e Politiche per i Giovani della Regione Lombardia, Antonio Rossi. Alla manifestazione hanno partecipato 550 nuotatori di 42 rappresentative. Tra esse la rappresentativa paralimpica allenata da Micaela Biava e Max Tosin, e capitanata dal campione mondiale Federico Morlacchi (Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per i successi sportivi ottenuti), la rappresentativa slovena del Lafarge Cement Trbovlje e la rappresentativa della Federazione Nuoto T.O.H.M. Bursa della Turchia accompagnata dal Vice Presidente Sig.Feyzi Bozdoğan, dal responsabile del centro selezione olimpionica di nuoto di Bursa Sig.Fatih Götüren e dal tecnico italiano Stefano Nurra.
La formazione del Team Nuoto sezione di Treviglio si è aggiudicata il XXXIV Trofeo Internazionale di Nuoto Malaspina, secondo posto per Geas Nuoto rossa e terzo per la rappresentativa della Federazione Nuoto della Turchia T.O.H.M. Bursa.
Le finali del pomeriggio sono state aperte da una fantastica dimostrazione degli atleti paralimpici. Nella finale dei 100 stile libero Arianna Talamona ha siglato il nuovo record italiano categoria S7 e Arjola Trimi il record italiano della categoria S4.
Sono stati migliorati quattro primati della 2014_07_05_0456manifestazione.
Nella categoria Esordienti A nuovo record nei 100 stile libero siglato da Ziga Sintler del Lafarge Cement Trbovlje con 59”54. Lucrezia Bersanetti con 58”18 ha migliorato il record dei 100 stile libero categoria Assoluti che già le apparteneva. Nei 100 rana categoria Ragazzi Nicolò Martinenghi del Nuoto Club Brebbia ha fermato il cronometro a 1.03.83 e demolito il record di 1.06.65 ottenuto lo scorso anno.
Il quartetto femminile della Gestisport Coop formato da Sofia Valenti, Giada Disimino, Alessandra Grimoldi e Beatrice Orsi con 2.01.52 ha migliorato di due secondi il record della 4X50 mista Assoluta siglato dalla Sogeis nel 2011. Il premio speciale secondo il sistema IPS (International point score) per la migliore prestazione femminile è stato assegnato a Francesca Fangio che ha concluso i 100 rana in 1.11.57.
La miglior prestazione maschile è stata di Fabio Gimondi che ha nuotato i 100 stile libero in 50.73.2014_07_05_0742
Nel corso delle premiazioni la Signora Barbara Caloi, responsabile Nuoto del GUG Lombardia, ha consegnato ai due finalisti più giovani Andrea Campolo del GEAS e Giulia Bovone del A.P. Padana i premi speciali del “3° Memorial Rita” in ricordo della giudice RITA GRAMELLINI per anni apprezzata nel suo ruolo di giudice anche al Trofeo Malaspina.
Le foto del  XXXIV Trofeo, dedicate ai giovani agonisti del Malaspina e agli atleti premiati in questo trofeo, sono visibili nella sezione Galleria/Album Agonisti del sito www.malaspinanuoto.it.

Qui tutti i risultati del Trofeo.

Fabio Gimondi, intervista in apnea

20080807-GIMONDIGimmy il “TRASCINATORE”! Si perché questa è la parola chiave che identifica FABIO GIMONDI, atleta serio grintoso che ha lottato duramente per raggiungere gli obbiettivi prefissati. Un esempio di dedizione, sacrificio e sopportazione della fatica, sempre contornato da un sorriso disarmante. Un ” leader ” assoluto capace di creare e trascinare un gruppo. Unico atleta nella storia di Malaspina, che grazie ai meriti sportivi, ha potuto fare una scelta di vita coraggiosa trasferendosi negli USA per frequentare l’ Università di Berkeley, dove è entrato a far parte della squadra di nuoto universitaria. I suoi record sociali sono ancora imbattuti. Beppe Longinotti

PRIMO TUFFO IN PISCINA, A QUANTI ANNI?
Il mio primo tuffo in piscina non lo ricordo con esattezza. L’unica cosa certa è che uno dei miei primi tuffi è avvenuto nella piscina del residence in cui vado ogni estate in Liguria fin da bambino. Questo residence si trova per coincidenza (o forse no!) a San Lorenzo al Mare, un piccolo paese sulla costa vicino ad Imperia, dove ho gareggiato per molti anni (nella piscina Felice Cascione) e dove ho ottenuto i miei primi titoli italiani in vasca da 25m. Ecco, è proprio in quel residence che i miei genitori mi hanno messo a contatto con l’acqua per la prima volta e dove ho fatto le mie prime esperienze di nuoto.

A CHE ETA’ HAI INIZIATO A NUOTARE A LIVELLO AGONISTICO?
Ho iniziato a nuotare a livello agonistico all’età di 11/12 anni, dopo essermi trasferito dalla Snam (storica società natatoria) al Malaspina Sporting Club, dove ho mosso le mie prime bracciate agonistiche con il grande allenatore Alberigo Foresio.

QUANDO HAI CAPITO CHE IL NUOTO ERA IL TUO SPORT?
Ok qui dobbiamo essere onesti.. Parlando per me, non penso ci sia mai stato un momento in cui abbia detto: “Che bello il nuoto, è proprio il mio sport!”. Mentirei spudoratamente a me stesso e a tutti quelli che leggeranno questa intervista. Non voglio andare contro lo sport che ho praticato per anni, e che ancora pratico, ma voglio essere onesto e dire che sin quando ero bambino ero attratto da molti altri sport: ero molto portato per l’atletica, in particolare per il salto in lungo e i 100mt piani. Inoltre, mi piaceva molto il rugby e ovviamente avrei voluto giocare a calcio come tutti gli altri miei amici! Per sfortuna (o per fortuna dipende dai punti di vista!), mia madre mi ha convinto a nuotare fino ad 11 anni per poi lasciarmi libero di scegliere lo sport che preferivo. Naturalmente a quel punto ormai mi ero creato le mie amicizie, incominciavo a vincere le prime gare e ho quindi deciso di continuare a nuotare. Alla fine non era poi così male!

C’E’ CHI PENSA CHE IL NUOTO, PIU’ DI ALTRI SPORT, CREI “DIPENDENZA”…L’ODORE DEL CLORO, LA SENSAZIONE DI LIBERTA’, LA STANCHEZZA EUFORICA DOPO LA FATICA’,  E’ COSI’ ANCHE PER TE?
In un certo senso è così anche per me. Non sono invece d’accordo per quanto riguarda l’odore del cloro: lo odio! Ancora oggi, quando vado a lezione al college (studio in USA), mentre sono seduto ad ascoltare il professore, sento immediatamente questo odore di pulito e sterilizzato che davvero detesto. Per quando riguarda la stanchezza euforica, concordo! E’ bello arrivare a casa la sera dopo una giornata con 2 allenamenti in acqua e una seduta di palestra ed essere stanchi ma contenti. Contenti perché, penso, consapevoli di aver dato tutto in acqua, quindi la stanchezza diventa in un certo senso il segnale per dirci che ci stiamo allenando bene!

RISPETTO AD ALTRI PAESI IN ITALIA SCUOLA E SPORT SONO DUE MONDI CHE NON SI PARLANO. PENSI CHE L’IMPEGNO SPORTIVO POSSA ESSERE UN AIUTO AD AFFRONTARE LO STUDIO O E’ SOLO UN OSTACOLO?
Sport e scuola sono fatti e DEVONO (uso il MUST americano) andare a braccetto nella vita di tutti i giorni. Una cosa che posso dire per certo, e che ben ricordo, sono le mie esperienze del liceo. Facendo il liceo scientifico e nuoto a livello agonistico ho incontrato sicuramente dei momenti di difficoltà, soprattutto durante l’anno della maturità.
Ma attraverso il nuoto sono sempre riuscito a rimanere efficiente ed organizzato in quello che facevo. Il nuoto mi ha dato una disciplina, ma soprattutto mi ha insegnato a SUDDIVIDERE e a ORGANIZZARE il tempo a mia disposizione. Per questo avevo, e ancora oggi ho, una marcia in più rispetto a tutti quegli studenti che si chiudono in casa studiando per ore e ore.

LA CARRIERA DI UN NUOTATORE PUO’ INIZIARE MOLTO PRESTO. CRESCENDO LA VITA CAMBIA E CAMBIANO LE PRIORITA’. C’E’ STATO UN MOMENTO IN CUI HAI PENSATO DI MOLLARE TUTTO? COME LO HAI AFFRONTATO E CHI TI HA AIUTATO?
Eh, eh bella domanda! E’ vero, crescendo si diventa più maturi e purtroppo il nuoto passa da essere un divertimento a quasi un lavoro. C’è stato sicuramente un momento in cui ho desiderato smettere di nuotare. Il momento preferisco non dirlo, comunque ti girano tante cose per la mente, ti chiedi se valga ancora la pena nuotare così tanto se poi non ottieni risultati. Purtroppo il nuoto è uno sport “bastardo” (puoi pure cambiarlo il termine ma volevo esprimere i miei sentimenti haha); combattiamo ogni giorno contro un dannato cronometro per poi arrivare alla gara e rischiare di mandare tutto all’aria.
Per fortuna non siamo mai soli e, nel mio caso, durante questo momento di difficoltà, ho potuto contare sulla mia FAMIGLIA che mi ha sempre dato un supporto sia concreto, ma anche psicologico. Gli AMICI, ma intendo i veri amici, quelli che puoi contare sulle dita di una mano. In particolare, ringrazierò sempre il mio amico Antonio, mio compagno di classe fin dall’asilo e amico da quando siamo nati. Senza di loro probabilmente avrei smesso. Oltre a questo poi bisogna trovare delle motivazioni dentro se stessi e per me queste sono state: una borsa di studio ed una laurea offerte dalla seconda miglior università al mondo (UC Berkeley) e, soprattutto, quella voglia di non MOLLARE mai! Nel nuoto ci sono periodi in cui non migliori per delle settimane, per dei mesi o addirittura per anni. Secondo me è lì che si vede la differenza tra il campione e colui che invece opta per la strada più facile. Io ho avuto e ho ancora dei periodi, dei giorni no, ma cerco sempre di trovare delle motivazioni per migliorarmi ogni giorno, sia in piscina che fuori. Questo perché, come dice il mio coach USA: “Fabio remember that if you WANT, you CAN!” (trad. Fabio ricorda che se davvero VUOI, PUOI!). Quindi un consiglio che do ai più piccoli è questo: non mollate mai alle prime difficoltà. Nella vita ci saranno sempre momenti tristi e difficili, ma se riuscirete a superarli con quel qualcosa che c’è dentro di voi e con l’aiuto di amici e famiglia, allora sarete voi i veri campioni!

IL NUOTO E’ UNO SPORT INDIVIDUALE, E’ UNA SFIDA CONTRO I PROPRI LIMITI EPPURE QUANDO SEI SUL BLOCCO DI PARTENZA GLI AVVERSARI SONO TANTI: IL CRONOMETRO, TUTTI GLI ATLETI IN BATTERIA, LE PERSONE CHE TIFANO PER TE, IL TUO ALLENATORE CHE CI CREDE PIU’ DEGLI ALTRI. A CHE COSA PENSI TRENTA SECONDI PRIMA DELLA PARTENZA?
A questa domanda darò una risposta breve. Sembrerà assurdo, ma 30 sec prima della partenza non penso a nulla! Svuoto la mente e cerco di rimanere il più rilassato possibile prima di salire sul blocco di partenza.

RACCONTA: LA GARA CHE NON DIMENTICHERAI MAI
La gara che non dimenticherò mai è sicuramente il100 SL nuotato al Sette Colli nel giugno del 2012, prima delle Olimpiadi di Londra. Avevo preparato bene quella gara sperando di qualificarmi con la staffetta 4×100 e devo dire che ci sono andato molto vicino. Ho migliorato, infatti, il mio PB di quasi un secondo nuotando in un tempo di 49.55 e mancando, solo di pochissimo purtroppo, la convocazione per Londra.

LA GARA CHE PROPRIO NON VUOI RICORDARE
Non penso che ce ne sia una. Penso che tutte le mie gare siano state importanti, anche quelle in cui sono andato male, perché si può sempre imparare dai propri errori e far meglio la volta dopo.

QUAL E’ STATA LA “SCOPERTA TECNICA” CHE TI HA FATTO GUADAGNARE PRESTAZIONI NEL NUOTO?
Non c’è stata una magica “scoperta tecnica” specifica che mi ha fatto guadagnare tempi o prestazioni nel nuoto. Onestamente è solo un fatto di mettersi continuamente in gioco, trovare nuove motivazioni e accettare nuove sfide (come, nel mio caso, andare a studiare in America), oltre ad avere il coraggio di cambiare qualcosa nella routine di allenamento che magari in passato non funzionava, come ad esempio prendersi più cura dello stretching, oppure concentrarsi a lavorare a lungo su importanti dettagli tecnici, come per esempio le partenze, le virate e le subacquee.

QUANTO CONTA E QUANTO E’ IMPORTANTE L’ALLENATORE?
Purtroppo il concetto di allenatore e squadra è molto diverso tra Italia e USA. Onestamente preferisco l’ambiente che ho trovato negli Stati Uniti. Qui l’allenatore pensa al bene della squadra e ogni singolo elemento della squadra è pronto ad aiutare chi ha bisogno. In Italia c’è molta invidia e cattiva competizione. Da quando sono qui a CAL, il mio allenatore ha sempre cercato di sottolineare l’importanza del gruppo; se il gruppo è compatto, allora ogni singolo individuo dà il meglio di sé… ed è così perché l’ho vissuto in prima persona. Se uno di noi va bene in gara, ogni membro della squadra è contento per il risultato che ha ottenuto quel compagno. Se qualcuno invece va male, cerchiamo sempre di tirargli su il morale o cerchiamo di dirgli dove ha sbagliato in gara e cosa dovrebbe fare per migliorarsi la prossima volta. Non ho un particolare aneddoto da raccontare, ma per sottolineare lo spirito di squadra e la vicinanza tra tutti i membri del team vi posso dire che prima dell’inizio di ogni gara negli USA ci raduniamo tutti in cerchio, scandiamo lettera per lettera il nome della nostra università e gridiamo 3 volte “GO Bears”!

 IN BASE ALLA TUA ESPERIENZA, COSA CONSIGLIERESTI AD UN ALLENATORE DI UNA SQUADRA GIOVANILE?
L’allenatore e’ fondamentale per la preparazione fisica e mentale di un atleta. Il rapporto con l’allenatore a mio parere determina molto la prestazione dell’atleta in acqua, quindi trovare il giusto equilibrio di competenza/autorevolezza ed empatia risulta davvero molto importante. Sulla base della mia esperienza, ad un allenatore di una squadra giovanile consiglierei di essere disponibile e aperto ad accettare consigli, anche perché non si smette mai di imparare. Poi gli consiglierei di prendere i suoi atleti e di cercare di capire come sono fatti, di cosa ha bisogno specificamente ciascuno, per poter formare un gruppo unito e affiatato e riuscire così a tirare fuori il meglio da quel gruppo. Lo ripeto ancora, il concetto di gruppo, il concetto di “WE GO, YOU GO” è molto importante, perché se l’allenatore segue solo la superstar e non si preoccupa del gruppo incominciano a nascere i problemi. Quindi costruire il gruppo, renderlo compatto ed esaltarlo è il presupposto fondamentale per ottenere delle ottime prestazioni a livello di squadra.

UN’ULTIMA DOMANDA: L’ALLENATORE E LA SQUADRA. SENZA DI LORO PROBABILMENTE SARESTI UN ATLETA E UNA PERSONA DIVERSA. PUOI RACCONTARE UN ANEDDOTO PER FARE CAPIRE QUANTO VALORE HANNO O HANNO AVUTO NELLA TUA VITA?
Ci sono tanti aneddoti e ricordi legati alla squadra nuoto del Malaspina e al rapporto indissolubile che ancora mi lega ai miei ex compagni e al mio allenatore Beppe. In particolare io, Pizza e Leon (Stefano Pizzamiglio e Luca Leonardi ndr) e in seguito anche Fra (Francesco Broglia ndr) – siamo cresciuti insieme, abbiamo vissuto gioie e sconfitte comuni e, ancora oggi, sebbene le nostre strade si siano sportivamente separate, siamo molto amici e rimaniamo sempre in contatto fra noi. Posso dire di aver passato dei momenti bellissimi con loro e, soprattutto, di aver vinto tanto grazie al nostro speciale affiatamento, in particolare per quanto riguarda le staffette miste e stile. Un aneddoto che ricordo con piacere e che ancora mi fa sorridere risale all’anno della maturità. Tutti e quattro (io e i tre “moschettieri”, Fra, Leon e Pizza!) siamo stati molto impegnati con lo studio e abbiamo dedicato poco tempo al nuoto, giustamente. Nonostante questo, avevamo deciso di partecipare comunque ai campionati assoluti primaverili di Riccione. Ricordo ancora che in pulmino, mentre Beppe (Longinotti ndr) era alla guida verso Riccione, io e i 3 compagni di merende abbiamo cominciato a fare un po’ di calcoli sulla staffetta 4×100 stile libero. Secondo noi, infatti, avevamo buone probabilità di andare a podio nonostante tutto, così decidemmo di proporre a Beppe una scommessa…. ossia se fossimo riusciti a vincere l’oro nella staffetta, in premio Beppe ci avrebbe pagato l’ingresso al Pepe Nero, noto “locale” notturno di Riccione. Beh…sappiamo tutti come e’ andata a finire ha,ha,ha!!!

Amelia Spolidoro, intervista in apnea

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Amelia Spolidoro

PRIMO TUFFO IN PISCINA, A QUANTI ANNI?
Il mio primo tuffo in piscina l’ho fatto a circa 8 mesi ,ma il primo corso di nuoto l’ho cominciato a 3 o 4 anni.

A CHE ETA’ HAI INIZIATO A NUOTARE A LIVELLO AGONISTICO?
Ho iniziato nuoto agonistico a 9 anni.

QUANDO HAI CAPITO CHE IL NUOTO ERA IL TUO SPORT?
L’esperienza della prima gara di nuoto da agonista mi ha fatto capire che il nuoto era lo sport giusto per me: la compagnia, l’acqua, il tifo…

C’E’ CHI PENSA CHE IL NUOTO, PIU’ DI ALTRI SPORT, CREI “DIPENDENZA”…L’ODORE DEL CLORO, LA SENSAZIONE DI LIBERTA’, LA STANCHEZZA EUFORICA DOPO LA FATICA, E’ COSI’ ANCHE PER TE? 
Sono assolutamente d’accordo: il nuoto crea dipendenza! In tutti questi anni mi sono resa sempre più conto di quanto sia difficile stare fuori dall’acqua e ho avuto modo di verificare come ciò valga per i nuotatori di tutti i livelli.

RISPETTO AD ALTRI PAESI IN ITALIA SCUOLA E SPORT SONO DUE MONDI CHE NON SI PARLANO. PENSI CHE L’IMPEGNO SPORTIVO POSSA ESSERE UN AIUTO AD AFFRONTARE LO STUDIO O E’ SOLO UN OSTACOLO?
Penso che l’impegno agonistico aiuti davvero ad aumentare le capacità di concentrazione. Aggiungendo a ciò molta attenzione durante le ore scolastiche e una bella dose di buona volontà, conciliare scuola e sport è possibile. Anche la scuola è una sfida…e a me piace vincere!

LA CARRIERA DI UN NUOTATORE PUO’ INIZIARE MOLTO PRESTO. CRESCENDO LA VITA
CAMBIA E CAMBIANO LE PRIORITA’. C’E’ STATO UN MOMENTO IN CUI HAI PENSATO DI
MOLLARE TUTTO? COME LO HAI AFFRONTATO E CHI TI HA AIUTATO?

A volte capitano momenti di difficoltà in cui sembra che tutto vada male. In momenti come questi ho pensato di mollare ma l’amore, o se preferite “dipendenza per la piscina”, è stato più forte.

PER ALCUNI, AD UN CERTO PUNTO, LO SPORT NON E’ PIU’ SOLO UNA PASSIONE MA DIVENTA UNA PROFESSIONE. PENSI CHE I SACRIFICI DI UN NUOTATORE SIANO SUPERIORI A QUELLI DI QUALSIASI ALTRO PROFESSIONISTA? E LE SODDISFAZIONI?
Mi piacerebbe continuare a nuotare a livello agonistico anche in futuro, ma per me il nuoto è un divertimento, e non un lavoro, e così voglio che resti al momento.

RACCONTA: LA GARA CHE NON DIMENTICHERAI MAI
Di gare che non dimenticherò mai ce ne sono molte. Qui voglio ricordare i 200 rana ai Regionali Invernali 2011. Quando ormai ero stanca morta a causa di un passaggio ai 100 un po’ veloce, le mie compagne di squadra sono venute vicino al muro della virata a tifare per me e grazie a loro ho trovato la forza per stringere i denti e per…arrivare terza!!!

LA GARA CHE PROPRIO NON VUOI RICORDARE
Appunto…non la voglio ricordare!

QUELLA VOLTA CHE STAVI CENTRANDO IL TUO OBIETTIVOE INVECE…
L’anno scorso non sono riuscita a qualificarmi per gli Italiani. Nonostante io mi sia impegnata a fondo, il risultato non è arrivato per la prima volta negli ultimi anni. Mi è servito per capire che non sempre possiamo ottenere quello che vogliamo, ma non per questo dobbiamo scoraggiarci!

LA VITTORIA PIU’ SOFFERTA
Terribile, mi sembrava di non nuotare più bene come nei giorni precedenti e invece…

NELLA STESSA BATTERIA CON IL TUO MITO
Scelgo i 100 rana. Con me vorrei Rebecca Soni, Ruta Meilutyte, Manuela Dalla Valle, Yulia Efimova, Leisel Jones, Amanda Beard e Alia Atkinson.

DAI UN CONSIGLIO AI TUOI COLLEGHI PIU’ GIOVANI
Ricordatevi che lo sport è per prima cosa divertimento! Ciò non toglie che sia importante impegnarsi sempre al 125%.

UN’ULTIMA DOMANDA: L’ALLENATORE E LA SQUADRA. SENZA DI LORO PROBABILMENTE SARESTI UN ATLETA E UNA PERSONA DIVERSA. PUOI RACCONTARE UN ANEDDOTO PER FARE CAPIRE QUANTO VALORE HANNO O HANNO AVUTO NELLA TUA VITA?
Al Malaspina ho imparato tante cose da tante persone diverse. Uno degli insegnamenti più importanti è stato quello di mettercela sempre tutta in tutto ciò che faccio. Come avrebbe detto il mio ex allenatore Alessio, bisogna sempre andare “a BOMBA”!

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Amelia in azione al XXXIIII Trofeo internazionale Malaspina

Elbaman, l’esperienza del triathlon

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A destra Filippo Spreaffico

È arrivato il 29 settembre, che vuol dire Elbaman, pettorale N. 10. Gara di triathlon “Super Lungo”, anche se –prima esperienza che porto a casa- il concetto di lungo è relativo. Si misura in km: nuoto 3,8 km (152 vasche di una piscina da 25 m), 180 km in bici, 42,195 km di corsa, la distanza della maratona, ma relativo rimane.

Negli ultimi mesi di allenamento ho metabolizzato un pensiero che mi ha accompagnato in questa lunga alternanza di nuotate al Malaspina, gite in bici sulle Dolomiti e non, e corse. Il triathlon mi sembra un passaggio tra i quattro elementi della natura. Acqua, facile pensare al nuoto. Terra, quando con la bici si è saldi sulla strada, e si percorre ogni metro di suolo. Aria, la corsa. La Treccani dice della corsa: “modo veloce di locomozione in cui il corpo si appoggia ritmicamente ora su un piede ora sull’altro, così che nell’intervallo fra ognuno di questi due appoggi vi sia un attimo di sospensione in aria”. Fuoco, tutto quello che man mano si accende dentro, e continua a bruciare anche dopo il traguardo, compresi i quadricipiti femorali.

Bene, nella gara di domenica questo pensiero si è stravolto, e con un elemento dominante. Quasi più acqua in bici che nel mare, ed il mare era grosso. E poi tanta gente che volava in bici.
Ho voglia di raccontare della mia gara. La sveglia era inutilmente puntata alle 5, perché sapevo che da molto prima sarei stato a letto ad aspettare vigile. Ultimi preparativi nella zona cambio dalle 5.30 alle 6.30, soprattutto cibo e abbigliamento, la bicicletta la si è lasciata la sera prima, già pronta per scattare. Si parte all’alba, ma l’alba non c’è perché è nuvoloso e piove, quindi è buio. Sono le 7, il mare è grosso, ma il buio non ci lascia vedere quanto, noto solo la sua schiuma bianca a riva. Quelle lanterne romantiche che l’anno scorso in cielo hanno rassicurato la partenza degli iromen, quest’anno non volano per la pioggia e le raffiche di vento –dice lo speaker. Io e Delfino, mio cognato, fratello in questa avventura, ci siamo più volte detti il giorno prima che se l’organizzazione decide che la frazione a nuoto si fa, vuol dire che il mare è balneabile (altro concetto relativo). Delfino mi ripete anche da due giorni che abbiamo scelto di fare questa gara e non danza, mi sembra abbastanza convincente e mi convinco. Cerco in giro lo sguardo dei compagni di squadra 2Slow e degli amici del CNM Triathlon che partiranno per il 70.3 (la distanza “corta”), ma non li trovo ancora.

Via! Lo sparo mi coglie di sorpresa, non sono pronto, non faccio partire il cronometro e non ho gli occhialini addosso. Come faccio a non essere pronto già al via dopo mesi di preparazione e dedizione?
È una fatica grande stare allineati lungo le boe gialle direzionali, perché non si vedono, e sfrutto i momenti in cui sono sull’onda per cercarle. Mi ripeto di proseguire boa dopo boa (in particolare ce ne sono tre arancione e con la luce come un faro, che indicano le quattro sponde del quadrilatero). Dopo la prima boa arancione si entra ancora di più in mare aperto, con le onde contro, vedo le meduse. Qui “rivedo” idealmente il primo dei tanti Incontri preziosi che ho fatto quest’estate durante i miei allenamenti. È Pierluigi Costa (www.messaggeridelmare.it). Pierluigi l’ho incontrato e conosciuto l’estate scorsa durante qualche nuotata a Chiessi, insieme ad una tartaruga marina della specie Carretta Carretta. Pierluigi ci ripeteva che nel mare dobbiamo sentirci ospitati, chiedergli di poter stare con lui e sentirsi del mare, non nel mare. Provo a fare mio questo pensiero e proseguo, e così non mi sembra di sentire le sirene che hanno già chiamato cinquanta atleti al ritiro. Sono due giri infiniti, ma sento di nuotare bene nonostante le onde e la corrente. La difficoltà del mare rischia di distrarmi dal curare la tecnica di nuoto, e per me che non sono abile nuotatore è peggio; voglio concentrarmi sul gesto e provo anche ad accorciare la bracciata vista l’onda (penso, come quando nella corsa in montagna si accorcia la falcata in salita). Come era confortante la linea blu sul fondo nella corsia della piscina al Malaspina, che mi dava sempre direzione e ritmo, quando si abbassava a 3 m in fondo, che significava che era il momento di girare.

Esco dall’acqua (1h22’, non male; avevo pensato all’ora e 15, ma –la prima certezza del giorno- i calcoli non servono. La pianificazione della gara è fondamentale, ma non dei tempi). Inizio a pedalare con un brutto mal di stomaco –per le due bevute di acqua salata- che non mi fa alimentare bene per tutto il primo giro. Già sulla salita di S. Ilario riprende a piovere, pioggia battente ma calda, raffiche di scirocco. Incrocio Delfino e mi fa felice vedere anche lui fuori dal mare (non fuori dall’acqua, perché diluvia), ridiamo, ci gridiamo qualcosa; abbiamo preparato la gara insieme e la finiamo tutti e due (anche se ci siamo spesso confrontati –ma forse non preparati- sulla possibilità anche di non finirla). Si vedono le primi biciclette rigidissime da crono con corna di bue che hanno disarcionato i loro cavalieri, con questo tempo sono inguidabili. Ho un fine sorriso sulle labbra pensando che ho tolto la scorsa settimana le ruote in carbonio da 4 cm per rimettere quelle vecchie a basso profilo con tubolari a battistrada generoso, quelli che si usano sul pavé nella Parigi-Roubaix per intenderci. Pensieri diversi che affollano la testa, alcuni che non c’entrano proprio, come quello che se nelle gare di Formula Uno sbagli le gomme perdi la gara. Intanto aspetto che mi passi il mal di pancia: nei mesi di allenamento ho imparato anche a conoscermi meglio, ho già fatto esperienza di questo, so che dopo una nuotata in mare grosso può succedere, e mi schiaccio sulla bici sicuro che prima o poi mi passerà. Infatti.

Al primo passaggio a Marina di Campo (Km 61; il percorso bici è articolato su un circuito di tre giri da 60 km) Letizia è lì, il ristoro più bello. Mi guarda sempre per capire come sto, lei mi conosce, anche se gli Oakley da sole –ma senza il sole- mi nascondono lo sguardo per tutta la gara. Con l’inizio del secondo giro inizia anche il secondo temporale. Tanta acqua ancora, fredda adesso. Rivedo un altro Incontro della mia estate. È Matteo Scotta, classe 1941, pastore di professione e di passione, nato a Cavalese e domiciliato sulle Alpi. Lo conosciamo al rifugio Viel dal Pan, non finisce mai di raccontarci della sua vita con il gregge di pecore, delle notti passate sotto temporali e neve, mangiare solo un panino al giorno. Non si deve temere la pioggia se si è prudenti con la natura. Così ripenso e faccio. Vado veloce anche in discesa, sicuro sui battistrada da 27. Cerco di opporre all’intemperanza dell’acquazzone la semplicità del gesto domestico di mangiare una tartina di pane integrale con formaggio caprino, e rido da solo di questo contrasto (ma anche perché il pane quasi si scioglie sotto l’acqua). Del caprino l’ho visto fare da Kilian Jornet Burgada, si alimenta anche così in gare di ultra-trail, ti toglie un po’ di sapore chimico delle maltodestrine. A qualche brivido di freddo –ma pochi- ripenso che ho fatto il Pordoi il 27 Agosto sotto al nevischio; già fatto. Inizia l’ultimo giro (Km 122). L’energia cala e le incertezze e le paure salgono. È un bilancio molto fine quello tra forza e paura, scende una e l’altra sale. Ogni rumore che sento dalla bici e dal corpo mi spaventa, sono allarmi fatti apposta per diminuire il senso di fiducia. È importante gestire i segnali di allarme, capire a che livello siano. Provare a conoscere il proprio limite (limiti), che è uno dei contenuti dell’iron, non vuol dire fregarsene di quello che si sta provando ed andare avanti a testa bassa –questo è azzardo; vuol dire provare ad ascoltarsi un po’ oltre rispetto alla prima spia di allerta, e capire se si può fare o no. Un ticchettio dal pedale destro che inizia sull’ultima salita di Pomonte mi sembra dica che la bici si sta sfasciando ed un dolore al ginocchio interno sempre a destra mi dice che la gamba anche –forse sono correlati? Il pedale si è dislocato ed il ginocchio lavora male, allora mi sta venendo la tendinite? È il km 157. Pensare che ho passato due mesi a trovare la misura giusta del pedale sinistro, spostando tacchetta e sella di millimetro in millimetro per togliere un fastidio al ginocchio sinistro, ed ora è il destro che si lamenta. A questo punto penso solo – e me lo ripeto come un mantra- che è normale avere paura di non farcela, è normalissimo, ma non è detto che avere paura di non farcela voglia dire non farcela.

Quando inizio a correre mi sento bene e le gambe vanno come speravo. Questo era il momento che mi creava più ansia (sull’ansia bisognerebbe aprire un capitolo a parte, nel senso che per affrontare questa prova l’ansia non dobbiamo chiamarla ansia, non ci lascerebbe in pace per tutto il tragitto; non è ansia, è una “voglia di scoprire cosa ci sarà dopo” –nel mare come sarà la frazione in bici, in bici come sarà l’ultimo giro, come sarà la corsa etc.), è meglio chiamarla curiosità di vedere come si sentono le gambe dopo oltre sette ore in bici, non lo avevo mai provato. Le mie gambe allora mi hanno detto che andava bene così, di continuare. La maratona è divisa in 5 giri di circa 8,5 km. Corro abbastanza regolare, nei primi due giri potrei accelerare, ma anche potrei rallentare per godermi l’ultima fase. All’inizio del quarto giro è bello vedere il tramonto sul mare, che ringrazio con riverenza per avermi accolto dodici ore prima. Sembra non manchi molto, ma gli ultimi 15 km sono un muro. Proprio quando mi sembra di vedere la fine, la fine sembra non vedere me. Ecco in aiuto altri Incontri del mio periodo di avvicinamento all’iroman. Sono in tanti, sono i ragazzi del mio reparto, che fanno una gara molto più intensa ogni giorno e non mollano. Sono loro i duri. Corro, e penso anche a quante persone devo ringraziare per aver avuto la possibilità di fare questa esperienza. Fare l’iron –finito o no- è un’esperienza, e che quindi ti può lasciare qualcosa. Può anche non essere immediato vedere subito quello che ha lasciato, qualcosa salterà fuori anche più avanti. Iroman non è la gara in sé, è tutto il cammino che ti porta lì, la gente che incontri prima e dopo, la gente che nei ristori ti aiuta a mettere la mantellina anti-pioggia e pensi che senza di loro non potresti farlo, i bagnini del Malaspina che ti aspettano pazienti mentre nuoti da solo fino all’ultimo minuto di chiusura della piscina. La mia famiglia. Gli amici che sul percorso mi hanno sempre chiesto come stavo, una domanda mai retorica ma una domanda fondamentale, perché se la risposta fosse state “non bene” sono sicuro che mi avrebbero dato una mano anche dal di fuori. I miei amici erano lì fino alla sera, anche avendo finito la loro gara del 70.3 molte ore prima. Gli amici che mi hanno lasciato i messaggi sul telefono.

Tredici ore è tanto tempo, per quello che non va buttato. In tredici ore si guardano sei film senza la pubblicità, sono quasi due giornate lavorative, si va in macchina da Trento a Lecce, in aereo in centro America. Sono circa 800 minuti, si giocano quasi nove partite di calcio.
Bello finire un iroman.

Filippo Spreaffico
socio Malaspina è medico,  sposato padre di tre figli e  triatleta